Cosa lega una tazzina di caffè ad una pianta, ad un fiore o ad un frutto? L’uso che si può fare dei fondi della caffettiera. Stando ai dati pubblicati da AstraRicerca, in media gli italiani bevono ognuno 600 caffè all’anno. Una quantità enorme, dunque, se si considera il numero di abitanti dell’Italia.
Partendo proprio dalla constatazione che ogni giorno si spreca gran parte del caffè che rimane nella caffettiera, si è diffusa sempre di più la consapevolezza delle grandi proprietà contenute in quei fondi di caffè che spesso, invece, vengono considerati rifiuti e buttati nella spazzatura.
Da qui nasce l’iniziativa torinese con l’obiettivo di fornire un contributo nella diffusione del valore nutritivo dei fondi di caffè. Si tratta dell’Ente di Formazione Engim Artigianelli, che dal 2010 è stata certificata come Eco-school ed è impegnata in corsi e iniziative che hanno come obiettivo, tra i tanti, la formazione di una mentalità ecologica nei ragazzi che frequentano la scuola.
Dall’energia all’acqua, dai rifiuti al riciclo, sono tanti i temi affrontati dalla scuola. In particolare, sul tema dei rifiuti la scuola ha voluto soffermarsi proprio su come sia possibile dare una nuova vita a qualcosa che viene considerato come tale.
“Ci siamo posti l’obiettivo di recuperare il più possibile i materiali che si possono riutilizzare – spiegano Marina Fodero e Alketa Elezi della Engim – come ad esempio i fondi di caffè prodotti nelle esercitazioni pratiche dei ragazzi che seguono il corso per diventare ristoratori e baristi”.
Dalla ricerca condotta dall’Eco-comitato della scuola, costituto da allievi e docenti, è risultato che i fondi di caffè costituiscono, per le loro proprietà, un ottimo fertilizzante. Obiettivo dunque è ora quello di ricercare agricoltori e enti interessati a raccogliere i fondi di caffè prodotti dalla scuola e riutilizzarli come fertilizzanti. Ma a Torino non è nuovo l’interesse verso il tema. Un progetto sperimentale, condotto dal Politecnico di Torino in collaborazione con Lavazza e la Città dei Ragazzi, ha dimostrato come usando lo stesso processo con cui si estrae la caffeina per il decaffeinato è possibile ottenere dai fondi di caffè lipidi e cere come fertilizzanti e destinati alla filiera farmaceutica. “Buone previsioni dal fondo di caffè” questo il nome del progetto, presentato nel 2008 al Salone del Gusto, che ha mostrato come siano diverse le azioni virtuose provenienti dal recupero dei fondi di caffè: dalla riduzione degli sprechi a vantaggi di tipo anche economico, derivante in particolare dall’utilizzo, dopo aver estratto i lipidi, della pasta compatta dei caffè. Questa infatti, viene utilizzata come terriccio per la produzione di un tipo particolare di funghi, il Pleurotus Ostreatus, ricco di proteine (3,5%), di carboidrati (4,5%), di lipidi (0,3%) e di acqua (90%).
Ma Torino non mostra solo esempi positivi. Da un’indagine rivolta ad una decina di bar del centro della città è emerso che sono ancora molti, quasi la totalità, i gestori che ignorano le modalità di riuso dei fondi di caffè e, per questo motivo, li conferiscono nell’indifferenziato.
di Angela Conversano per Eco dalle Città
1 comment
Alessandro says:
mag 19, 2015
Anche i fondi di caffè decaffeinato hanno le stesse proprietà fertilizzanti?