Balene ritrovate esanimi, soffocate da decine e decine di sacchetti di plastica. Isole di rifiuti che galleggiano nel Pacifico, con superfici superiori a tanti, grandi Paesi europei. L’incubo incombente delle microplastiche, che avvelenano e minacciano la vita di interi ecosistemi, fino ad approdare indisturbate nei nostri piatti.
Non è certo un caso che la Giornata Mondiale dell’Ambiente, celebratasi come ogni anno il 5 giugno, sia stata dedicata proprio alla lotta all’inquinamento da plastica. Hashtag e slogan della ricorrenza, ospitata dall’India, è stato infatti #BeatPlasticPollution, attirando l’attenzione del grande pubblico su un unico, grande interrogativo: l’ora di dire basta all’(ab)uso di materiali plastici non è forse giunta?
Nemico numero uno, la plastica monouso, che per decenni l’ha fatta da padrone diffondendo una dilagante cattiva educazione, un’attitudine al riuso quasi inesistente e un quantomeno scarso rispetto per l’ambiente. E’ notizia del 28 maggio scorso la proposta di una nuova normativa da parte dell’Unione Europea, che regolamenti l’utilizzo della plastica monouso con il divieto di commercializzazione di quei prodotti usa-e-getta che, secondo dati forniti dall’Unione, rappresentano il 70% dei rifiuti marini. E allora stop a bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, mescolatori per cocktail e aste per palloncini, che dovranno essere fabbricati esclusivamente con materiali sostenibili o sostituiti con prodotti riutilizzabili. Ma non solo.
“Di fronte al costante aumento dei rifiuti di plastica negli oceani e nei mari e ai danni che ne conseguono, la Commissione europea propone nuove norme di portata unionale per i dieci prodotti di plastica monouso che più inquinano le spiagge e i mari d’Europa e per gli attrezzi da pesca perduti e abbandonati”. Da Bruxelles ci si attende grandi risultati dall’introduzione della norma: si calcola infatti che, se applicata, la direttiva eviterà l’emissione di 3,4 milioni di tonnellate di CO2, scongiurerà danni ambientali per un costo equivalente a 22 miliardi di euro entro il 2030, genererà risparmi per i consumatori pari a 6,5 miliardi di euro.
Se approvate da Consiglio e Parlamento, le regole introdurranno inoltre nuovi target di riduzione del consumo. Gli Stati membri dovranno, infatti, limitare l’uso di contenitori per alimenti e per bevande in plastica fissando obiettivi nazionali, mettendo a disposizione prodotti alternativi presso i punti vendita, o impedendo che i prodotti di plastica siano forniti gratuitamente.
Un bel passo avanti che, tuttavia, secondo le associazioni ambientaliste, rimane un primo passo: necessario ma non sufficiente. Per combattere realmente e seriamente l‘inquinamento da plastica servono, infatti, volontà, infrastrutture adeguate e una rivoluzione di sistema che coinvolga tutti i livelli della società.
Nel suo piccolo, il mondo della cultura fa la sua grande parte smuovendo gli animi e le coscienze verso il cambiamento. La ventunesima edizione del Festival CinemAmbiente, da poco conclusasi a Torino (31 maggio- 5 giugno 2018) con un grande successo di pubblico, ha dato il suo contributo aderendo alla campagna internazionale #BeatPlasticPollution con una manifestazione plastic free, in cui la plastica era, appunto, bandita. Tranne che sugli schermi e nelle sale, dove è stata al centro di dibattito in quanto tema ambientale della massima urgenza.
Da anni, peraltro, il festival dedica al tema dei rifiuti, dell’inquinamento e della plastica un’attenzione costante, proponendo a una platea sempre più attenta e consapevole film, documentari e cortometraggi dedicati alle problematiche che più assillano il Pianeta.
L’ora di dire basta all’(ab)uso di materiali plastici non è forse, dunque, giunta? Da più parti si pensa di sì. Alla buon’ora.