Una volta in più, la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti appena conclusa ha chiarito l’enorme impatto ambientale che gli imballaggi hanno sul nostro pianeta. A fronte di questo, quanto sarebbe bello poter abbandonare definitivamente plastica e derivati e utilizzare materiali del tutto biodegradabili, compostabili o persino commestibili per trasportare i nostri prodotti? Ebbene, c’è chi sta lavorando per noi in questa direzione.
Alleati naturali e candidati ideali a rimpiazzare il poco sostenibile polistirolo sembrano essere i funghi. La scoperta e l’elaborazione dell’idea è dell’azienda newyorkese Ecovative, che ha ripreso degli studi compiuti in passato presso il centro di ricerca del Politecnico di Rensselaer. Il risultato è una pasta a base di funghi particolarmente adatta ad essere modellata e impiegata nella protezione di oggetti da urti e pressioni durante il trasporto.
Si tratta di una soluzione dalle mille virtù e risvolti positivi dal punto di vista ambientale. Produrre il Mushroom Packaging, infatti, permette di consumare il 98% di energia in meno rispetto a quella normalmente necessaria per la produzione degli imballaggi in polistirolo, con una riduzione drastica degli sprechi. Inoltre, il materiale è ignifugo e biodegradabile al 100% in poche settimane, anche in mancanza di ossigeno.
Ma come funziona il processo di creazione dell’imballaggio? Lo stampo prescelto viene riempito con scarti agricoli (bucce, stocchi di mais ecc), micelio (apparato vegetativo dei funghi) e radici di funghi, precedentemente puliti. La sterilizzazione delle materie prime avviene tramite l’uso di oli naturali estratti dalla scorza di cannella, dall’origano, dal timo e dalla citronella, sfruttando il loro processo di maturazione per ridurre la quantità di energia richiesta. Il micelio e le altre parti di fungo assorbono gli scarti e si adattano alla forma del contenitore. A questo punto vengono fatti essiccare in modo che smettano di modificarsi, e il packaging è pronto.
La scoperta sta destando interesse, tanto da attrarre l’attenzione di colossi come Ikea, che ha annunciato di volervi ricorrere per sostituire i tradizionali imballaggi a base di polistirolo.
Tuttavia il confezionamento sostenibile di merci non è esclusivo appannaggio dei funghi: anche le alghe, ad esempio, possono dire la loro. L’Agar Plasticity è un prodotto messo a punto da tre creativi della società di design giapponese AMAM, ottenuto da un materiale gelatinoso che si trova nelle alghe marine rosse. L’agar, di facile coltivazione, ha un minimo impatto ambientale, essendo un sottoprodotto della lavorazione delle alghe, nello specifico un polisaccaride usato in cucina come gelificante naturale.
Secondo quanto riferito, il processo di creazione dell’imballaggio è piuttosto semplice. Innanzitutto, la polvere agar viene disciolta in acqua bollente e poi versata in uno stampo, che viene congelato per circa due giorni. “Questo processo di congelamento – ha dichiarato Araki, uno dei designer – costituisce una struttura che può fornire ammortizzazione per un elemento confezionato”.
Il progetto è valso al team la vittoria del Lexus Design Award 2016 durante la scorsa edizione del Milan Design Week. In ogni caso, non è la prima volta che l’agar è utilizzato per le sue applicazioni in chiave packaging: qualche mese fa Ari Jònsson, studente all’Accademia delle Arti islandese di Reykjavik, ha stupito con la sua bottiglia per l’acqua in agar, realizzata senza una goccia di petrolio.
Quando menti brillanti e prodotti naturali coesistono, non può che nascere qualcosa di buono. Ben vengano, dunque, questi e altri eccellenti alternative agli imballaggi tradizionali, tanto inquinanti quanto insostenibili in un sistema che, per poter funzionare, deve ormai necessariamente puntare su economia circolare e impatto zero.