A lamentarci siamo buoni tutti, specie se dobbiamo criticare un lavoro mal fatto da parte di altri. Ma di lì ad agire il passo è enorme. Passeggiando per i parchi cittadini spesso ci si imbatte nei resti lasciati da qualche incivile: cartacce, bottiglie, mozziconi di sigaretta, spazzatura di qualunque tipo, anche siringhe. Lo sdegno va subito a chi ha sporcato e a chi non ha pulito (le amministrazioni pubbliche, in questo caso). Si borbotta un po’, e poi si prosegue per la propria passeggiata, magari buttando a terra qualche metro più in là il chewingum masticato – che cosa vuoi che faccia?
Ma se qualcuno alla lamentela facesse seguire l’azione? Adriano lo fa! Da più di tre anni, da quando è rimasto a casa dal suo lavoro trentennale in fabbrica, pinza in mano: questa la sua passione, ma anche la sua missione.
«Per me la natura è importantissima, e la prima cosa che va rispettata è proprio questa»: poche parole ma chiare, l’accento marcatamente piemontese, la voglia di fare e di rendere la natura urbana un po’ più vivibile. La sua zona d’azione sono i parchi torinesi, in particolare il Ruffini, la Tesoriera, la Pellerina e il giardino dell’Ospedale Martini.
Da tre anni a questa parte si sveglia col bisogno di rendersi utile alla comunità in questo modo, lo fa da volontario, senza dipendere dal Comune o dall’Amiat (l’azienda torinese per la gestione dei rifiuti) o altre associazioni, perchè vuole «godersi la natura, prendersi i suoi tempi, non dover seguire regole fisse».
Le operazioni di pulizia tengono Adriano impegnato dalle due alle quattro ore giornaliere, tre volte a settimana d’inverno e cinque o sei giorni a settimana d’estate, quando la frequentazione (e la spazzatura) dei parchi è maggiore.
Chi lo incontra per la prima volta talvolta lo guarda perplesso, ma gli habitué dei parchi ormai lo conoscono: un saluto, quattro chiacchiere e – perchè no – un caffè, e poi si riprende la “missione”.
In ogni città che abbia dei parchi è predisposto un servizio per la loro pulizia e manutenzione, ma molto spesso i risultati vengono a mancare, vuoi per i sempre più importanti tagli che gli enti locali sono costretti a fronteggiare, vuoi per una cattiva organizzazione del servizio. Di operazioni collettive e organizzate per ovviare a questo problema se ne vedono parecchie, e anche molto diffuse sul territorio nazionale: tra le più famose ovviamente il “Let’s clean up Europe”, “Puliamo il mondo” di Legambiente, per poi passare alle varie associazioni di scout, pro loco, invalidi, pensionati, comuni cittadini; recentissima l’iniziativa di chiedere l’aiuto dei rifugiati politici in queste operazioni di manutenzione e pulizia.
Alcune amministrazioni danno addirittura degli incentivi ai cittadini che decidano di occuparsi delle aiuole, delle strade e dei parchi vicini a casa, riducendo loro una parte dei tributi comunali dovuti. Altre amministrazioni invece “puniscono” chi agisce come Adriano, prendendosi cura della cosa comune, attraverso diffide e multe, perchè «un cittadino non può sostituire la Pubblica Amministrazione se non nei termini previsti dai normativi disposti».
È singolare, per non dire assurdo, che una storia come quella di Adriano ci stupisca e faccia notizia, poichè il suo operato dovrebbe essere non un esempio da seguire ma la normalità, una spinta all’azione insita in ognuno di noi: l’amore per il bene comune e per la natura che ci circonda, selvaggia o urbana che essa sia. Certo il sempre più crescente individualismo che caratterizza il genere umano non può essere smosso da amministrazioni che tentato di “tarpare le ali” a chi ci prova.
Per ora accontentiamoci dell’esempio di Adriano, e di tutti quelli che fanno come lui, partendo anche dalla più piccola delle azioni: del resto, fu il colibrì con la goccia d’acqua nel becco a convincere gli altri animali che scappavano dall’incendio, che esso poteva essere spento con la collaborazione di tutti.
È tempo di smettere di pensare che «tanto non serve/tanto se lo faccio solo io ci perdo soltanto/tanto gli altri se ne fregano»: il cambiamento parte da noi, a patto che lo vogliamo davvero.
Veronica Ottria per eHabitat.it