Anguria, cocomero, melone d’acqua, pasteca, zucca fettosa, sono questi alcuni dei nomi di uno dei frutti estivi per eccellenza, consumato soprattutto tra maggio e settembre. L’anguria è originaria del deserto di Kalahari, situato nell’Africa meridionale tra Botswana, Zimbabwe, Namibia e Sudafrica, e pare che gli Egizi ne fossero grandi coltivatori. La sue caratteristiche dissetanti e rinfrescanti vengono nominate anche nella Bibbia. In Europa giunge, probabilmente, intorno al XII secolo grazie agli Arabi e in Italia, a Lamezia Terme, nel 2010 è nata persino l’Accademia Nazionale dell’Anguria, oltre a gare come Miss Anguria e la Gara di mangiatori d’anguria del Trentino.
Secondo la Fao nel 2011 i 20 paesi leader mondiali nella produzione dell’ anguria ne hanno prodotto circa 92,7 milioni di tonnellate, di cui il 75% la Cina, il 4,7 % la Turchia, il 3,5 % l’Iran e il 2,4 % il Brasile. “L’Italia si colloca all’undicesimo posto a livello mondiale per la produzione di angurie – spiega Angelo Corsetti, direttore di Coldiretti Puglia, intervistato lo scorso luglio – destinando alla coltivazione circa 20.000 ettari, di cui il 20% in Puglia”.
Una produzione ingente che genera una notevole quantità di scarti alimentari, ovvero migliaia di chili di buccia che, nella maggior parte dei paesi del mondo, viene buttata via. Cosa si può fare per evitare tutto ciò? Semplice, la buccia si può mangiare. Occorre solo sapere come si può cucinare. In Cina, ad esempio, la buccia si salta in padella con olio d’oliva, aglio, peperoncino, scalogno, zucchero e rum. Oppure può essere utilizzata, insieme ad altre verdure, per fare delle ottime zuppe o spezzatini. Anche in Malesia e Thailandia la buccia viene usata come ingrediente per la zuppa. Negli Stati Uniti, invece, si “macera” in salamoia per poi cuocerla con zucchero, aceto, acqua e spezie. Successivamente viene conservata in barattoli di vetro ed essere consumata dopo qualche mese. In Albania, infine, viene trasformata in “Gliko shalqiri” o “Liko shalqini” in linguaggio popolare, confettura o mostarda dolce che tradizionalmente veniva offerta agli ospiti.
Poiché la buccia costituisce almeno un terzo del frutto stesso, gli esempi di eco-cucina sopracitati sono un ottimo modo contro lo spreco di questa parte, che, a sua volta, vanta benefici per salute: combatte i radicali liberi, aumenta la libido, aiuta a perdere peso. Per chi volesse cimentarsi, ecco un video della food blogger Lisa Casali che insegna in quattro minuti come fare una composta di buccia d’anguria. Per dare l’idea, il procedimento rispecchia in parte la ricetta albanese.
di Albana Muco per Eco dalle Città