Tra i rifiuti pericolosi, tipologia di scarti a cui è dedicata la nuova edizione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (SERR) in programma dal 17 al 25 novembre 2018, quelli radioattivi destano particolari preoccupazioni a causa del loro impatto sulla salute e sull’ambiente, ma anche per le elaborate procedure di smaltimento.
Ciò vale soprattutto per il nostro Paese, dove la questione della gestione dei rifiuti radioattivi è da poco tornata alla ribalta. In Italia, essi sono soprattutto il risultato di pregresse attività nucleari e di attività legate all’ambito industriale, medico e della ricerca. Si suddividono in categorie delineate in base al loro grado di attività e alla terza, ad alta attività o a vita lunga, appartengono rifiuti radioattivi per il cui decadimento possono occorrere fino a centinaia di migliaia di anni.
Le soluzioni più opportune per smaltire rifiuti così delicati risultano imponenti e richiedono un enorme lavoro logistico, oltre che organizzativo e pratico. È il caso dei depositi definitivi per scorie radioattive. Una volta condizionati, cioè chimicamente convertiti in manufatti di materiale radioattivo inglobati in materiale inerte, per evitare pericolose dispersioni nell’ambiente, i rifiuti radioattivi vengono collocati in modo definitivo in un deposito di natura artificiale o geologica, in base alla loro attività. Tale soluzione permette di isolarli dalla popolazione e dall’ambiente in attesa del loro lentissimo decadimento.
Tra i depositi geologici più famosi c’è quello di Onkalo, in Finlandia, divenuto protagonista al cinema dell’impressionante documentario del 2010 Into Eternity, diretto dal regista danese Michael Madsen. Progettate per resistere fino a centomila anni, a partire dal 2025 le sue gallerie custodiranno per l’eternità circa 6500 tonnellate di scarti radioattivi.
Quello dell’isolamento dei rifiuti radioattivi è un tema con cui sono chiamati a confrontarsi tutti i governi, così come è destinata a farlo anche l’Italia. Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Giappone, Svezia, Germania sono solo alcuni dei Paesi che hanno già intavolato un progetto interno simile a quello di Onkalo, mentre l’Unione Europea sta ragionando ugualmente su un piano internazionale.
In Italia la situazione è ancora incerta, nonché aggravata dal recente deferimento da parte della Commissione Europea dovuto alla mancata piena conformità alla direttiva in materia di rifiuti radioattivi che chiedeva di garantire, attraverso programmi nazionali, una gestione adeguata, responsabile e sicura dei materiali in questione.
Il rallentamento riguarda in gran parte l’acceso dibattito circa l’ubicazione di un deposito sul suolo italiano, che appare sempre più inevitabile e che servirà ad isolare circa 90 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, alcuni dei quali di ritorno dall’estero.
Già diverse regioni hanno negato la possibilità di mettere a disposizione un sito adatto, tra queste la Sicilia, la Sardegna e la Basilicata. La delicata individuazione del luogo atto ad accogliere una struttura del genere si rifà alla Cnapi, Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, un documento top secret che segnerà il destino delle scorie radioattive italiane e dell’intero territorio.
Sarà una concitata corsa contro il tempo per allinearsi alle direttive, in cui un ruolo fondamentale potrà avere la cooperazione sul piano internazionale. La corretta gestione dei rifiuti pericolosi e in particolar modo di quelli radioattivi, il lascito più drammatico e controverso dell’impronta dell’uomo sul Pianeta, costituisce l’occasione cruciale per garantire alle generazioni a venire una vita più libera e un ambiente più sicuro.